Tanta Storia e poca retorica nella Resistenza narrata da Flores e Franzinelli

Il saggio (edito da Laterza nel 2019) basato su fatti, dati e documenti, spiega bene le origini, lo sviluppo e la vittoria dell’antifascismo italiano

di Massimo Razzi

Si dice che la Storia la scrivono sempre i vincitori a loro uso e consumo. Ma le vicende della Resistenza italiana, della guerra civile e insieme di Liberazione dal nazifascismo che portarono il Paese dalla dittatura alla democrazia, si possono ormai raccontare con grande obiettività e profondità di analisi senza che il risultato (dal punto di vista della ragione e del torto) cambi. Perché mai come oggi c’è bisogno di spiegare alle giovani generazioni la genesi e la tragedia della dittatura fascista e la storia degli uomini e delle donne che seppero ribellarsi e ridare dignità al nostro Paese. Ma mai come oggi, per essere credibili e far capire cosa davvero accadde tra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945, c’è bisogno di una Storia basata sui dati, i documenti e le testimonianze, una Storia senza miti e leggende, senza iperboli ed esagerazioni in cui le persone e i protagonisti (compresi gli eroi che diedero la vita) sono raccontati con la loro umanità fatta di sofferenze e determinazione, grandi gesta ed errori.

Marcello Flores e Mimmo Franzinelli riescono nell’impresa. La loro “Storia della Resistenza” (editore Laterza, 2019) fa fare un altro passo avanti alla storiografia della Liberazione. Nel volume di 673 pagine ci sono le battaglie e le gesta eroiche dei partigiani, c’è il rapporto (a volte difficile) con le popolazioni, gli scioperi nelle grandi città e le gesta orribili dei nazifascisti. Ma ci sono anche tutte le questioni politiche che riguardarono la profonda differenza tra la Patria e il Regime fascista che se n’era impadronito, i temi della continuità istituzionale e dell’immenso cambiamento di forma dello Stato portato dal referendum tra repubblica e monarchia e dalla modernissima Costituzione che ne seguì. Le questioni che rimasero in parte irrisolte delle responsabilità del disastroso ventennio e delle relative punizioni, della mancata epurazione e dell’amnistia. Questioni intrecciate con le vicende internazionali che collocarono l’Italia nell’area d’influenza Usa, portarono alla cacciata del Pci dal governo e lasciarono spazio alle teorie sulla “Resistenza tradita”. Questioni che ci portiamo ancora dietro oggi quando scopriamo di vivere in un Paese che, a momenti, sembra privo di un comune sentire che venga prima delle normali divergenze politiche.

Flores e Franzinelli riescono a mettere in fila i fatti e le loro conseguenze: i rapporti tra monarchia luogotenenziale, governo Badoglio (e poi Bonomi), Comitato di Liberazione Nazionale, Cln dell’Alta Italia fino alle cento e passa brigate partigiane, i centomila combattenti e il Corpo Volontari della Libertà che organizzò l’ultimo anno di lotta e l’insurrezione finale. Lo fanno raccontando i giorni immediatamente successivi all’8 settembre, la grande confusione e l’insipienza vigliacca di chi avrebbe dovuto coordinare il passaggio da alleati a nemici dei tedeschi occupanti e non fu capace di farlo, ma anche il coraggio di quelli che, pur privi di punti di riferimento, seppero fare le scelte giuste e organizzarsi per combattere e riscattare se stessi e il Paese. Il loro racconto si dipana tra momenti di Storia alta e vicende umane (a volte tragiche) di operai, contadini, donne e intellettuali; di comunità (da Montefiorino all’Ossola) che seppero organizzarsi creando piccole “repubbliche” nelle zone che venivano liberate. Ed è interessante scoprire come quelle forme istituzionali appena abbozzate seppero, in condizioni difficilissime, organizzare la vita delle persone a partire dalle necessità primarie delle famiglie, dal vettovagliamento, alla sanità, al commercio. Il tutto senza nascondere errori e crudeltà che ci furono anche dalla parte di chi aveva storicamente ragione.

La “Storia della Resistenza” si articola in diciotto capitoli che prendono le mosse dall’antifascismo durante il fascismo e dagli anni in cui Mussolini sembrava trionfare e ci voleva coraggio e pervicacia per non seguirlo o, quantomeno, non accettarlo passivamente. E al momento del precipitare della crisi dell’alleanza nazifascista e del conseguente crollo del Regime, anche l’opposizione venne colta di sorpresa: nulla o quasi  appariva pronto per organizzare uno sbocco politico e militare in senso antifascista. Così il libro racconta l’8 settembre, vissuto nelle caserme senza ufficiali, nelle isole greche (Cefalonia) e nella Jugoslavia occupata dalle nostre truppe, nelle città che festeggiano la fine di una guerra che continuerà ancora quasi due anni. Sullo sfondo un tema politico/istituzionale di non poco conto: chi tradisce chi? E’ l’Italia che tradisce l’alleanza con i tedeschi o è il Paese che è stato tradito dal suo re e dai suoi governanti? E si può combattere le proprie istituzioni senza cadere nel tradimento? Sembrano temi scontati, ma non lo erano visto anche quello che accadde nell’immediato dopoguerra quando gli stessi partigiani, in non pochi casi, si trovarono a dover rendere conto delle loro scelte davanti ai giudici.

E poi, la lotta partigiana che si organizza mentre comincia a porsi la questione internazionale dei rapporti con gli alleati e di come far capire e accettare a inglesi e americani il ruolo autonomo e fondamentale della Resistenza nella cacciata dei tedeschi e nell’abbattimento della Repubblica Sociale nel Nord Italia. E ancora il tema dei rapporti con la società (industriale e contadina) che faceva da sfondo allo scontro armato nelle città e nelle campagne: gli scioperi (quelli riusciti e quelli falliti), i rapporti con gli industriali più illuminati e con quelli che cercavano di approfittarsi della situazione.

Ovviamente, ci sono le storie delle campagne militari e delle battaglie, c’è il ruolo delle donne che in quegli anni cominciarono a costruire le basi complicate (perché i fronti erano tanti e lo sono tutt’ora) della battaglia per l’emancipazione e l’uguaglianza. Un capitolo (per così dire, eccentrico) racconta di come il fascismo vedeva l’evolversi della Resistenza e di come, nei rapporti segreti (ma veritieri) che arrivavano ogni giorno sul tavolo di Mussolini, emergesse a poco a poco lo scoramento degli esponenti del regime e la loro difficoltà di capire perché il popolo che aveva osannato il fascismo, adesso non ne potesse più del Duce e dei suoi rappresentanti sul territorio.

E c’è anche tanta politica: quella che, nel bene e nel male, i partiti della Resistenza (Pci, Psi, Dc, Partito d’Azione e Pli) cominciarono a costruire tra gli scontri più o meno sotterranei, i tentativi egemonici, e la capacità di raccogliere consensi. Tutte cose che ci siamo portati dietro fino alla fine della prima Repubblica con l’aspetto positivo dell’impresa resistenziale e liberatoria che univa e i tanti limiti che dividevano e che, oggi, venuto meno il collante della Resistenza, mostrano un mondo politico quasi del tutto privo della capacità di dialogo.

Nei capitoli finali, il ritmo del racconto diventa martellante: tra battaglie, stragi e rappresaglie, momenti anche oscuri e momenti in cui i partigiani (la strage di Porzus) si uccisero tra loro, fino alla gioia della Liberazione e alla fine di Mussolini. Flores e Franzinelli chiudono con un capitolo molto interessante dedicato al “doloroso percorso della pacificazione” con le contraddizioni (anche queste gravide di conseguenze presenti ancora oggi nella società italiana) dovute, più che all’amnistia e alle mancate fucilazioni, alle gravi carenze nella formazione di una nuova classe dirigente (tecnica e politica) che chiudesse per sempre con l’autoritarismo, la burocrazia e il clientelismo e che facesse crescere cittadini al posto dei sudditi.

Nelle ultime pagine, gli autori utilizzano le lettere e gli scritti dei condannati a morte della Resistenza per porsi e porci una serie di domande: “La società che i resistenti hanno contribuito a distruggere era quella dell’oppressione… Anche se l’attuale società non ha nulla in comune con quella contro la quale essi si sono ribellati, gli ultimi scritti dei fucilati si rivolgono a noi: cosa abbiamo fatto della società che ci hanno affidato? Cosa fatto del loro ideale di solidarietà? Che significato abbiamo dato alla loro morte?”

 

Storia della Resistenza

di Marcello Flores e Mimmo Franzinelli
Editore Laterza 2019 – 673 pagine